MODONESI Luigi

Leggi la sua biografia

[…] A S. Vittore sono stato torturato. Persi due unghie. Ci facevano strisciare coi gomiti e le punte dei piedi nel cortile pieno di sassi. Se non si strisciava veloci erano scalzate [sic].
[Poi sono stato deportato a Mauthausen] su vagoni sigillati di filo spinato. [Durante il trasferimento] per tre giorni [siamo rimasti] senza mangiare e bere. Si aspettava che gettassero qualche palla di neve per dissetarci. [Il numero di deportati di questo trasporto era di circa] cinquecento, seicento persone.
[Appena arrivati] ci hanno fatto spogliare per la disinfestazione perché eravamo pieni di pidocchi. Nei primi quattro, cinque giorni dormivamo per terra a lisca di pesce.
Dopo ci hanno trasferiti a Gusen II. [Nella nostra baracca] eravamo in quattro per ogni piano [del castello]: uno con i pedi in bocca all’altro. Il vitto consisteva in mezzo litro di zuppa , porcheria, rape ecc., e una pagnotta di segala [sic] nera divisa in quattro e alle volte anche in sei, a seconda dei lavori che svolgevi. Venivano effettuati due appelli: al mattino ed alla sera. L’orario giornaliero era di dodici ore [di lavoro] al giorno per sei giorni, meno la domenica: dalle sei alle undici e quarantacinque e dalle dodici alle diciotto. Venivano fatte delle disinfezioni [sic] contro i pidocchi e la scabia [sic].
I kapo erano dei Triangoli verdi e impartivano gli ordini in tedesco. [Soffrivo di] deperimento organico: fame fame fame fame. [Ma non sono ricorso alle cure dell’infermeria]: voleva dire eliminazione perché [quelli che invece vi andavano] non tornavano più indietro, nessuno.
[Davanti al] Blocco 21, nel passare col treno, andando a lavorare, si vedevano mucchi di cadaveri. Le malattie più frequenti erano il deperimento organico, scabia [sic], piaghe, diarrea.
Qualche giorno prima della liberazione dovetti mangiare un chilo di carbone da legna per farmi passare la diarrea.
Ho subito per due volte la punizione. [Usavano] tubi di gomma e nervi. Ti mettevano a cavallo a uno sgabello di legno [e bastonavano].
Ho assistito a centinaia di episodi di crudeltà: bastonate nel salire sul treno andando a lavorare e per entrare svelti in galleria.
A Gusen II c’era stata l’esecuzione di un deportato che aveva preso una bobina da una macchina per fare una radio. [Ci sono stati degli episodi di solidarietà tra internati] ma non si poteva farsi vedere in gruppi perché ti punivano con bastonature e punizioni varie.
[C’è stata una ribellione a Mauthausen] in quei primi giorni di entrata. [Avevano tentato] di scappare in massa dal Blocco. Sono stati catturati dai cani polizai e trucidati a mano che li prendevano. Li ho visti su una carretta che li portavano al forno crematorio.
[Ci sono stati anche casi di suicidio] attaccandosi ai fili di corrente per farla finita.
Gli americani sono arrivati il 5 maggio alle diciassette del pomeriggio. [Ci sono state anche delle rappresaglie contro i kapo]: chi ha subito qualcosa ha dovuto pagare. [Per il rimpatrio sono passati] circa cinquanta giorni. Abbiamo attraversato il Brennero il 26 giugno. A Bolzano c’era un Comitato di assistenza rimpatriati CAR. [Non so quello che mi ha fatto resistere]: ero agli ultimi estremi. Fui liberato dagli americani.
[L’impressione che mi porto dietro di quest’esperienza è] orrore, degradazione vedendo ora con ora la morte. [Ma] ricordo in particolare i miei compagni morti a migliaia, i fascisti e SS ancora impuniti e che vogliono ancora denigrare i deportati […]”.

Fonte: Archivio Storico dell’ANED di Brescia, B. 9, fasc. 114 (“Elenchi dei deportati”), ad nomen.

Bibliografia:
M. Piras, Le radici del nostro presente. Gussago 1943-1945: testimonianze e memorie, Intese Grafiche, Brescia 2000, pp. 82-9;

Translate »