GIRARDI Luigi (Gino)

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[…] Pensate che erano messi come tra due fabbri che battevano sull’incudine; uno da una parte e l’altro dall’altra, come battessero la mazza, un colpo uno, un colpo l’altro fino ad arrivare ai famosi 25 colpi. Vedevo i brandelli di carne viva volare da tutte le parti e noi non potevamo far niente. Eravamo circondati dalle mitraglie.
Da qui incominciò la nostra vita di schiavitù, peggio di schiavitù, forzati a vita. Io incoraggiavo i miei compagni dicendo che sarebbe venuto presto anche per noi il giorno della liberazione, ma loro non ci credevano e avevano ragione. Le conseguenze ci capitarono addosso improvvise; ci fecero con la macchinetta la riga in mezzo alla testa, come da processo volante a Berlino per il sabotaggio del vestiario; noi italiani e russi eravamo considerati sul medesimo piano. Russi ed italiani eravamo divenuti fratelli a vita. In conseguenza al fatto delle coperte, ci lasciarono complessivamente 4 giorni senza mangiare. Pensate a quello che ci davano: alla mattina caffè, che era acqua calda; a mezzogiorno una lavatura composta di carote, verza non troppo igieniche che nemmeno i maiali avrebbero mangiato, tanto era il tanfo e puzzo che emanavano; alla sera ci davano un etto di pane e tre patate cotte con la buccia. Incominciai con i miei compagni quella vita.
Il primo giorno di digiuno cominciò a farsi sentire la fame. La notte del secondo giorno De Giacomi, Bontempi e Balestrieri piangevano chiamando la mamma. Avevano fame. Crovace Franco si unì a noi cercando il mezzo per avere un pezzo di pane. Io non ne avevo- Però mi ricordai di aver conservato il mio anello d’oro e allora data la fame decisi di venderlo e ci procurò un filone di pane e 20 sigarette che non abbiamo poi avute.
Di notte nel gabinetto diceva: “Cosa valgono la terra e i miei palazzi in Italia quando non ho un pezzo di pane in Dachau?”. Le quattro giornate di digiuno passarono e incominciarono a darci da mangiare.
Si incomincia la vita in quel vicolo dalla mattina alle 5 alla sera alle 19, sempre indietro e avanti sotto la neve e a tutte le intemperie senza niente che ci copriva il capo. Incominciarono ad ammalarsi in molti; io li vedevo uscire tutti tremanti dalla febbre e non ne avevo visto uno rientrare al bloch n. 25 […]”

Memorie di Gino Girardi – 21 mesi nel campo di eliminazione di Dachau (1945-1946), in Archivio Storico Resistenza Bresciana (ASRB), Fondo Morelli, B 61, fasc. 485.

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