SACHSENHAUSEN

SachsenhausenAvviato il 12 luglio del 1936, fu il secondo, dopo Dachau, dei più grandi campi di concentramento della Germania.
Venne classificato di “livello I”, ovvero per prigionieri preventivi con accuse minori e con possibilità di recupero, per casi particolari e isolamento.
A parte gli ebrei, i prigionieri del campo furono soprattutto detenuti politici, persone accusate di comportamenti asociali o deviati, come i Rom, gli omosessuali ed i Testimoni di Geova, ma anche “politici” e prigionieri di guerra sovietici. Dal 1942 il campo madre istituì più di 74 campi satellite, dei quali 23 per donne e 46 per uomini, oltre a 5 misti.
I deportati furono impiegati nelle industrie, nell’edilizia, nei servizi alle SS, come sminatori e nelle ferrovie. Buona parte di loro fu occupata in aziende come la Demag-Panzer, Henschel, IG Farben, AEG, Dest, DAW, Siemens, Hainkel e Daimler-Benz. Il sistema concentrazionario di 
Sachsenhausen (campo madre e campi satellite), nel gennaio del 1945 ospitava ancora più di 55 mila prigionieri di quaranta nazionalità. Complessivamente, ne rinchiuse circa 140 mila. Ne morirono dai 40 ai 50 mila.
A
Sachsenhausen vennero deportati dai 400 ai 500 prigionieri politici italiani.
Il lager fu evacuato tra il 20 e 22 aprile 1945.


Bibliografia:
A. Chiappano, I lager nazisti. Guida storico-didattica, Giuntina, Firenze 2007, p. 229-45;
H. Kaienburg, Il Konzentrationslager di Sachsenhausen, in B. Mantelli-N. Tranfaglia (a cura), Il libro dei deportati, Vol. III, La galassia concentrazionaria SS 1933-1945, Mursia, Milano 2010, pp. 471-530;
G. Schwarz, Die nationalsozialistischen Lager, Campus Verlag GmbH, Frankfurt am Main, 1997, pp. 223-4.

Sitografia:
https://www.ushmm.org/research/publications/encyclopedia-camps-ghettos/volumes-i-and-ii-available-online

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