ZANETTI Cornelio

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[…] [ A Unterlüss ero alloggiato in un] capannone con tetto a lamiere, sovraffollato: [per ogni castello] eravamo quattro sotto e quattro sopra, su tavole di legno senza paglia. [Il vitto giornaliero era composto da] poco pane, alcune patate e minestrone con verdure conservate marce, niente margarina. [Gli appelli erano] uno o due, secondo i giorni, mentre [l’orario iniziava con la] sveglia con botte alle cinque e spidocchiature. [Non sono mai state effettuate delle disinfestazioni] per disinteresse della Gestapo.
I kapo erano Triangoli verdi e SS slave e [come lingua usavano] il tedesco e il bastone. [Le malattie più frequenti erano] il tifo petacchiale
[sic] e conseguente decesso. Saltuariamente [sono stato punito anch’io]. Se [si veniva] trovati stesi erano bastonate; mai stare sdraiati anche se ammalati. [Ho assistito] alle condanne ai deportati: venticinque colpi sul deretano o schiena [con un] nervo in gomma dura.
[Le esecuzioni capitali, invece, consistevano in un] colpo di pistola alla testa [soprattutto] quando il deportato [era] vicino alla morte. [Gli episodi di solidarietà tra deportati sono stati] pochissimi. [Però, in una occasione] un russo mi difese dai serbi che mi picchiavano senza motivo. [Mi ricordo di un caso di suicidio per] soffocamento. [Comunque] si moriva ugualmente con facilità.
[Quando poi gli alleati] hanno bombardato il capannone [siamo stati sistemati] in campo donne, a Ebensee. Con la liberazione del campo da parte degli inglesi, sono stato ricoverato nell’ospedale a Hopfenberg. Sono rientrato in Italia il 29 luglio, raggiungendo il campo di smistamento di Pescantina (VR).
[Se sono sopravvissuto a questa esperienza lo devo] solo alla fortuna.
[Gli episodi che mi sono rimasti più impressi nella memoria sono] quando la Gestapo fece la decimazione doppia ai duecentoventi ribelli e quarantaquattro prigionieri si offersero a sostituire i decimati poiché non responsabili della ribellione. E quando avvenivano le punizioni con vergate sulla schiena”.

Fonte: Archivio Storico dell’ANED di Brescia, B. 9, fasc. 114 (“Elenchi dei deportati”), ad nomen.

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