VALENTI Pierino

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[…] [Nella fortezza di Graudenz eravamo alloggiati in] celle isolate. [Il vitto consisteva in] un tozzo di pane e dell’acqua. [Gli appelli venivano effettuati] sei volte al giorno, a ogni cambio di guardia. [Si passava tutto il nostro tempo] interamente in cella, salvo mezz’ora per la pulizia. [Ci avevano sottoposto anche alle disinfezioni a causa dei] pidocchi e malattie varie.

I kapo erano delle SS. L’infermeria era stata ricavata da una stanza nella fortezza e dottori ed infermieri assistevano i ricoverati. [Furono fatte anche delle selezioni tra i ricoverati, tra quelli che erano] all’estremo delle forze. [Le malattie più frequenti erano]: bronchiti, pleuriti, dissenteria, colite, artrosi. [Ho subito] tante volte delle punizioni: consistevano in botte e [nella privazione del cibo].

Venivano fatti anche degli interrogatori. Ci hanno fatto assistere anche a delle esecuzioni capitali. [C’era solidarietà tra i deportati]: ci si confortava a vicenda e si condivideva il cibo. [Ci furono anche delle ribellioni per] mancanza di cibo e lavori pesanti. Consistevano nel rifiuto al lavoro. [Quando sono arrivati per liberarci, noi] eravamo nei sotterranei e ci siamo trovati improvvisamente i russi davanti alle porte. [Siamo stati trasferiti in un campo] della Croce Rossa Russa. [Ho dovuto aspettare ancora due mesi prima di rientrare in Italia]. [Ciò che mi ha aiutato a resistere è stata] la grande fede in Dio.

Non ci sono parole per descrivere ciò che un prigioniero di un campo può sentire, perché ancora oggi, dopo tanti anni, è inammissibile che l’uomo si sia dimostrato tanto disumano nei confronti dei suoi simili e che molti si siano salvati dopo tante torture, situazioni impossibili di vita, mancanza di cibo, malattie ecc.

Tanti sono gli episodi ancora [vivi] nella mia mente, nel mio subconscio, tanto da doverli sognare: urlare per le botte, torture subite e dopo tanti anni portare le sofferenze fisiche per le gesta di uomini che di umano avevano solo il nome”.

Fonte: Archivio Storico dell’ANED di Brescia, B. 9, fasc. 114 (“Elenchi dei deportati”), ad nomen.

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