PELONI Roberto

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[…] [Il trasferimento al campo] è avvenuto su vagoni trasporto bestiame ed è durato due giorni. Sul convoglio eravamo circa duecento.
[Nel campo, ero alloggiato in una] galleria. [Il vitto consisteva in] un litro di verdura e erbe e duecentocinquanta grammi di pane. Veniva effettuato un solo appello quotidiano. L’orario giornaliero invece andava dalle sei alle undici e dalle undici e quaranta alle sei di sera circa. Tutte le volte che si faceva la doccia [venivano effettuate le disinfezioni per la] pulizia generale.
I kapo erano dei Triangoli rossi e verdi e parlavano in tedesco. L’infermeria consisteva in una baracca quattro per quattro ed il medico era un tedesco. [Le malattie più frequenti erano la ] nefrite ed il deperimento organico. Una volta ho subito una punizione: [venivano somministrate delle] nervate [sic]. [Inoltre venivano eseguite delle esecuzioni capitali per] impiccagione. [Il motivo era il] sabotaggio.
[Mi ricordo anche di una ribellione]: rifiuto di indossare la divisa a strisce. [Furono] uccisi tutti e sette [con un colpo di] pistola. [Ci furono anche dei casi di suicidio: dei deportati] si agganciavano alla corrente.
Gli americani sono arrivati il 18 aprile del 1945. Dopo la liberazione sono stato trasferito nel campo di smistamento di Blanki. Prima del rientro in Italia sono trascorsi altri cinque mesi.
Siamo arrivati col treno da Domodossola.
[Sono sopravvissuto per merito della] fortuna. [L’impressione che mi sono portato da questa esperienza è quella di] morire da un minuto all’altro. [Mentre gli orrori che mi sono rimasti più impressi sono] l’impiccagione, le nerbate e il gran maltrattamento”.

Fonte: Archivio Storico dell’ANED di Brescia, B. 9, fasc. 114 (“Elenchi dei deportati”), ad nomen.

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