JUDE-JÜDIN

I segnali più evidenti dell’imminente persecuzione degli ebrei italiani si mostrarono il 14 luglio del 1938, quando un gruppo di docenti universitari pubblicò il “Manifesto della razza”. Da subito vennero emanati dei provvedimenti restrittivi: il 5 agosto fu vietata l’iscrizione degli ebrei stranieri a tutte le scuole del Regno per l’anno scolastico 1938-39; il 17 tutti i prefetti vennero informati che l’appartenenza alla “razza italiana” era requisito “essenziale e inderogabile” per poter coprire cariche pubbliche, e il 24 si ordinò la sostituzione dei testi scolastici di autore ebreo.

1938-Jude-JüdinIl 2 e il 3 settembre il Consiglio dei Ministri decretò l’esclusione degli studenti ed insegnanti ebrei dalle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, e l’espulsione di quelli stranieri dal territorio dell’Italia, della Libia e dell’Egeo. Seguirono l’annullamento dei matrimoni civili tra ebrei e cristiani, l’esproprio dei beni immobili e terreni, l’estromissione dalla direzione delle aziende, il divieto di accedere all’editoria e alle professioni di giornalista e di notaio, limitazioni all’esercizio di tutte le attività commerciali e professionali. Si proibì, inoltre, agli ebrei di frequentare luoghi di villeggiatura, avere personale di servizio “ariano”, e di possedere apparecchi radio.

Gli/Le ebrei/ee rimasti in Italia sul territorio della Repubblica sociale italiana agli inizi di settembre del 1943, tra nativi e stranieri, erano 32.307. Tra gli 8 e i 9 mila furono gli arrestati nei venti mesi di governo della RSI, dopo che, il 30 novembre del 1943, il Ministro dell’Interno emanò l’ordinanza di polizia n. 5 che prevedeva l’arresto e l’internamento degli ebrei, italiani e stranieri, oltre che il sequestro dei loro beni. Dal 1° dicembre i fermi vennero effettuati direttamente dalle questure attraverso agenti di Pubblica sicurezza e in altri casi dai Carabinieri.

A Desenzano del Garda venne istituito il 18 aprile del 1944, su proposta di Mussolini, l’Ispettorato generale della razza sorto dall’unificazione delle competenze in materia razziale del Ministero della Cultura popolare e di quello dell’Interno.

A Brescia e provincia i residenti di origine israelitica furono, secondo il censimento del 1938, 195. Nell’elenco predisposto dalla Prefettura nel novembre del 1943, il numero era sceso a 90. Secondo l’ordinanza del Ministero degli Interni, fu disposto il loro fermo e l’avviamento in particolari campi di concentramento, oltre che il sequestro dei beni in attesa di confisca. Quest’ultimo provvedimento interessò 53 dei censiti. Per ordine del questore Manlio Candrilli, furono arrestati e quindi deportati 24 cittadini – tra italiani e stranieri, – di religione ebraica, ad opera delle forze dell’ordine fasciste e della questura. Altri due furono arrestati a Roma. Di essi, solo due ritornarono dai lager.

Il bilancio complessivo delle vittime della Shoah in territorio italiano, fu di 8.529 persone, delle quali 6.806 deportate, 322 decedute in Italia in stato di fermo o durante la fuga o suicidatesi, le altre arrestate ma non inviate nei lager.

Bibliografia:

L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Mursia, Milano 2002;
R. Anni-E. Pala (a cura), 1943-1945: attendere, subire, scegliere. Nuove linee di ricerca sul periodo della Resistenza bresciana, Brescia, 2014, p. 50;
M. Ruzzenenti, Shoah le colpe degli italiani, manifestolibri, Roma 2011, pp. 81 ss;
M. Sarfatti (a cura), La Repubblica sociale italiana a Desenzano: Giovanni Preziosi e L’ispettorato generale per la razza, Giuntina, Firenze 2008;
S. Berger, I signori del terrore. Polizia nazista e persecuzione antiebraica in Italia (1943-1945), Cierre edizioni, Verona 2016, pp. 93-113;
A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, Einaudi, Torino 1963;
R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1962.

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