13 GENNAIO 1944 AL MONTE SPINO

1944-01-13 Monte SpinoL’8 dicembre del 1943 avvenne un lancio aereo alleato lungo la valletta che da Degagna conduce a Campiglio. Si trattava di circa 20 quintali di materiale che venne nascosto dai montanari – escluse le armi – nelle loro case e nei fienili.

Due giorni dopo, di notte, Giulio De Martin, con Manlio Poli, Enrico Federici e Mario Boldini, dopo essersi recati in Degagna, senza aver potuto recuperare neppure una parte del lancio, avvertirono il Comando partigiano di Vestone.

Venne deciso di usare eventualmente anche le maniere forti al fine di ottenere la restituzione del materiale nascosto. Di fronte alla minaccia di fucilare qualcuno, donne e bambini cominciarono a collaborare indicando i luoghi dove trovare le armi ed il resto.

Tutto fu trasportato e sistemato nella casa di Pietro Franzoni per essere avviato verso il monte Spino. Di questo si sarebbero occupati il De Martin e Boldini, aiutati da Bernardo e Cesare Butturini.

Nei primi di gennaio del 1944 un gruppo di ribelli di Sabbio Chiese si recò in quella località per ritirare una parte delle armi e trasportarle in Val Trompia.
Allo scopo di sorvegliare le armi ed il resto, in una cascina disabitata si fermano De Martin, Boldini, Federici e i due fratelli Butturini.
La ricerca delle armi aveva suscitato non poche resistenze tra i montanari, alcuni dei quali avevano denunciato ai Carabinieri le azioni di recupero da parte dei partigiani, suscitando nel contempo anche l’interesse dei fascisti ed in particolare della “banda Sorlini”.

Così il 13 gennaio – nell’ambito di un rastrellamento che interessò la Val Trompia e la Val Sabbia dall’11 al 16 -, una pattuglia di sei militi forestali catturò nella cascina di monte Spino i cinque partigiani incaricati di sorvegliare i nascondigli della armi. In quell’occasione, vennero sequestrate una trentina di bombe a mano, denaro e documenti che avrebbero dovuto comprovare la loro partecipazione alla Resistenza, oltre che, probabilmente, degli elenchi di nomi che avrebbero causato altri arresti ad Anfo, Vestone e Vobarno.

I cinque furono portati a Gargnano e consegnati al Comando delle SS. Vennero interrogati dalla GNR. Il Boldini fu sottoposto a torture, ma non parlò. Il giorno dopo vennero tradotti prima al Comando dei Battaglioni “M” e poi all’imbocco della prima galleria dopo Gargnano per essere fucilati. L’unico ad esserlo fu Boldini. Gli altri quattro vennero tradotti nelle carceri di Canton Mombello di Brescia.

Bibliografia:
R. Anni, Storia della Brigata Giacomo Perlasca, Istituto Storico della Resistenza Bresciana, Brescia 1980, pp. 39-43

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