Fortezza di Peschiera (Verona)

Adibita a penitenziario militare, vi furono detenuti circa 2 mila membri delle forze armate. Circa la metà stava scontando pene superiori ai dieci anni per autolesionismo, rifiuto di obbedienza, abbandono del posto e reati di diritto comune. Questi provenivano dal Forte Boccea di Roma.

Altri, rinchiusi precedentemente a Gaeta, avevano invece riportato condanne non pesanti, per diserzione semplice, per essersi cioè presentati in ritardo alla chiamata alle armi o essersi allontanati arbitrariamente dai rispettivi corpi o aver prolungato la licenza. Pochi i condannati per furto o insubordinazione, pochissimi quelli per motivi abbietti.

Il 9 settembre 1943, le carceri furono occupate dalla Wehrmact dopo che i militari lì rinchiusi avevano opposto una vivace resistenza. I tedeschi lì radunarono e offrirono loro la possibilità di collaborare pena l’invio in Germania. Solo una trentina dei prigionieri si dichiarò disponibile, ma non furono accettati perché troppo pochi.

Qualcuno di loro collaborò successivamente con le SS una volta giunto a destinazione (vedi Gregorini Massimo). Il 20 settembre dai 1.800 ai 1.950 militari furono fatti salire su dei carri merci alla volta della Germania.

Arrivarono a Dachau il 22 settembre; circa un centinaio riuscì a fuggire durante l’attraversamento del Trentino gettandosi dal treno. Gli altri 1.789 furono rinchiusi nel Blocco 25.

Il mese seguente, iniziarono i trasferimenti in altri campi: il 13 ottobre, di tutti i deportati giunti, 150 furono trasferiti al Häftlingskommando Schloss Neuhirschstein dipendente dal KL di Flossembürg.

Altri 60 in quello di Sachsenhausen il 20 ottobre, 400 a Buchenwald il 28 ottobre, altri 178 a Mauthausen il 6 dicembre. Il 21 gennaio 1944, 14 dei 1.133 detenuti partiti da Dachau dall’11 al 28 gennaio, furono inviati al KL Lublin (Majdanek), mentre il 21 marzo un numero imprecisato di prigionieri fu trasferito a Natzweiler-Struthof. Rimasero in forza a Dachau 1.251 prigionieri.

Se al momento del loro arrivo al campo fu attribuita la qualifica di Schutzhäftling (Schutz-deportato per motivi di sicurezza e protezione) ed il triangolo rosso, dal 29 novembre del 1943 vennero riclassificati come Arbeitszwang Reich (AZR-deportato asociale che presta lavoro forzato), ovvero “stranieri da rieducare a mezzo del lavoro obbligatorio”. A loro fu attribuito il triangolo nero dei “criminali”.

Fortezza di Peschiera

Bibliografia:

S. Wald, “E tornai vivo dall’inferno dei morti.” Deportati italiani nel campo di concentramento di Neuengamme, in B. Mantelli-N. Tranfaglia (a cura), Il libro dei deportati, Vol. III, La galassia concentrazionaria SS 1933-1945, Mursia , Milano, 2010, p. 430;

D. Melodia, La quarantena. Gli italiani nel Lager di Dachau, Mursia, Milano 1971, pp. 35-6, pp. 83-93, 103-4;

C. Antonini ( a cura), Rinchiudere un sogno. Da Piacenza ai lager nazisti. I libro dei deportati politici, Edizioni Scritture, Piacenza 2011, p. 81, n. 24;

V. Morelli, I deportati italiani nei campi di sterminio 1943-1945, Scuole Grafiche Artigianelli, Milano 1965, p. 13;

F. Pirola, I militari italiani di Peschiera deportati a Dachau, in Quaderni del Centro di Studi sulla deportazione e l’internamento>>, ANEI, Roma, n. 13, pp. 26-8;

D. Melodia, La deportazione a Dachau dei militari del penitenziario di Peschiera, in Quaderni del Centro di Studi sulla deportazione e l’internamento, ANEI, Roma, n. 12, pp. 83-4;

G. Mayda, Storia della deportazione dall’Italia 1943-1945, Bollati Boringhieri, Milano 2002, p. 234

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